Quick view: Trump mantiene la parola sui dazi
Il Gestore di portafoglio Oliver Blackbourn spiega perché gli investitori dovrebbero distinguere, nelle scelte di Donald Trump, i dazi utilizzati come tattiche di negoziazione e quelli destinati a risolvere i casi che il Presidente considera squilibri economici indesiderati.
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In sintesi
- Nel fine settimana, il Presidente Trump ha scatenato la sua "minaccia preferita" - dazi - su Canada, Messico e Cina, suscitando una vivace reazione dei mercati.
- Anche se l'amministrazione afferma che i dazi sono uno strumento per affrontare questioni che vanno dall'immigrazione alle droghe illecite, non si può escludere la possibilità che la motivazione di fondo sia la risoluzione degli squilibri commerciali.
- La situazione rimane fluida, ma gli investitori dovrebbero valutare i potenziali effetti a catena di una guerra commerciale, tra cui il riemergere dell'inflazione, la distorsione dei flussi commerciali e un'impennata del dollaro USA.
Per la seconda settimana consecutiva, i mercati statunitensi hanno aperto con uno scossone, dopo le valutazioni degli investitori sull'annuncio del presidente Trump secondo cui gli Stati Uniti avrebbero attuato dazi del 25% su una vasta gamma di merci provenienti da Messico e Canada (ad eccezione dei prodotti energetici canadesi, a cui è stato applicato un tasso inferiore, di solo il 10%), insieme a ulteriori dazi del 10% sulle merci cinesi. Sebbene i mercati abbiano reagito ferocemente, la situazione rimane fluida, come evidenziato sia dal presidente messicano Claudia Scheinbaum, sia dal primo ministro canadese Justin Trudeau, che hanno annunciato un rinvio di almeno un mese nell'applicazione dei dazi. La Cina, nel frattempo, ha segnalato che stava esaminando la situazione.
Motivazioni sottostanti
La scelta del presidente Trump di concentrare questa salva di apertura sui tre maggiori fornitori di merci importate negli Stati Uniti non è stata una sorpresa per nessuno. Tuttavia, le sue motivazioni sono probabilmente diverse a seconda dei Paesi.
Il controllo delle frontiere e le rotte di approvvigionamento del fentanyl sono state indicate come motivi di rilievo per quanto riguarda il Messico ma, per il nuovo presidente, anche i disavanzi commerciali sono importanti. Indipendentemente da ciò, la rapida rivalutazione dei dazi su Messico e Canada suggerisce che potrebbe esserci una via d'uscita dalla situazione.
La Cina, al contrario, è un rivale strategico e, come è stato illustrato durante la prima presidenza Trump, il Paese è stato individuato dall'amministrazione come un obiettivo chiave sul piano del commercio. Sebbene il disavanzo commerciale degli Stati Uniti con la Cina sia migliorato, resta considerevole rispetto ad altri paesi.
Effetti a catena
Quando si considerano gli effetti dei dazi, l'incertezza principale è l'orizzonte temporale nel quale è probabile che vengano attuati. Gli aumenti a lungo termine o permanenti potrebbero essere più dannosi in termini di crescita e inflazione rispetto a quelli utilizzati come merce di scambio a breve termine. È probabile che i dazi appena decretati aumenteranno l'inflazione, anche se ciò dipende da quali beni sono presi di mira e quali sono esclusi.
La decisione di far pesare sulle importazioni di prodotti energetici canadesi un tasso inferiore del 10% è stata probabilmente presa tenendo conto dell'impatto inflazionistico. Un'eventuale accelerazione dell'inflazione a seguito di cambiamenti nella politica commerciale potrebbe anche indurre la Federal Reserve (Fed) ad effettuare una pausa più lunga o a prendere in considerazione la possibilità di aumentare i tassi, se i dazi dovessero portare a un aumento dei prezzi al consumo. Un tasso di inflazione che dovesse iniziare con un "3" darebbe probabilmente il mal di testa ai responsabili della politica finanziaria.
Eventuali risposte mirate produrrebbero inoltre potenziali effetti sulla produzione industriale statunitense e l'aumento dell'inflazione potrebbe mettere a dura prova i redditi reali dei consumatori, anche se ancora una volta l'entità è tutta da vedere.
Esiste tuttavia anche la questione di un movimento di compensazione dei cambi, con i paesi target dei dazi che hanno registrato un indebolimento significativo delle loro valute, da quando Trump ha iniziato a guadagnare slancio nelle elezioni dello scorso autunno. Dalla fine di settembre, il peso messicano, il dollaro canadese e l'euro sono diminuiti del 7%-9% rispetto al dollaro USA, rendendo i loro prodotti leggermente più economici in valuta statunitense, escludendo l'impatto dei dazi. Se i ricavi dei dazi saranno in ultima analisi utilizzati per sostenere la logica della questione separata dei tagli fiscali, potrebbe esserci anche una compensazione positiva derivante da una crescita più elevata, sebbene le scelte fiscali avverranno probabilmente molto più tardi nel corso dell'anno, creando un divario tra queste due politiche.
Reazione iniziale dei mercati
Dopo le significative perdite di lunedì, i mercati azionari hanno recuperato un po' di terreno in seguito all'annuncio del presidente messicano lo stesso giorno, mentre l'annuncio di Trudeau è arrivato dopo la chiusura del mercato statunitense. L'idea che siano possibili rapide inversioni di rotta, in cambio di concessioni, ha fatto sperare ai mercati che l'episodio sarà di breve durata, anche se forse è solo il caso del Messico e del Canada.
Le perdite delle azioni statunitensi sono state trainate dai settori tecnologico e dei beni di consumo discrezionali, a causa delle ovvie conseguenze dei dazi, che penalizzano soprattutto l'hardware tecnologico, le automobili e i componenti. Le azioni europee hanno registrato alcune delle maggiori perdite tra i principali mercati. Ciò è in contrasto con i future sull'indice cinese Hang Seng, che hanno recuperato bene in territorio positivo, indicando la misura in cui si attendevano risultati commerciali negativi.
Il dollaro ha registrato un apprezzamento generalizzato, come prevedibile in risposta ai dazi. I rendimenti dei Treasury statunitensi a breve termine sono cresciuti, in quanto gli investitori sono preoccupati per il potenziale di un rimbalzo dell'inflazione e di una possibile risposta della Fed. I rendimenti delle obbligazioni a più lunga scadenza sono invece calati, poiché gli investitori hanno scontato il possibile impatto negativo sulla crescita di un'eventuale politica commerciale più aggressiva o di un aggravamento della situazione attuale.
Gli annunci sono stati rapidamente criticati da tutte le comunità imprenditoriali e politiche, anche all'interno del partito repubblicano. Qualsiasi pressione dovuta a un calo del mercato e al disagio interno può essere fondamentale per costringere le parti a trovare una risoluzione praticabile. Non possiamo tuttavia escludere il rischio di una potenziale escalation altrove, con l'Unione Europea probabilmente pronta a un nuovo conflitto commerciale.
Anche altri paesi, come il Giappone, il Vietnam, la Corea e Taiwan, hanno ampi disavanzi commerciali con gli Stati Uniti e potrebbero essere presi di mira, se la bilancia delle importazioni e delle esportazioni ha davvero questa importanza centrale. La nuova amministrazione statunitense ha ripetutamente segnalato che la politica commerciale è di nuovo uno strumento attivo per supportare la propria agenda internazionale. Fino a questo punto, gli investitori sembravano aver fatto orecchie da mercante alle promesse di Trump, ma ora stanno forse ascoltando con maggiore attenzione.
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La politica monetaria è l'insieme delle politiche di una banca centrale, volte a influenzare il livello di inflazione e di crescita di un'economia. Comprende il controllo dei tassi di interesse e dell'offerta di denaro.
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Comunicazione di Marketing.