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Quick View: La domanda senza risposta della Fed: solo un ritardo o una pausa?

Dan Siluk, Head of Global Short Duration, spiega che la convergenza tra lo stallo dei progressi sull'inflazione e l'incertezza che circonda le priorità politiche dell'amministrazione Trump ha indotto la Federal Reserve (Fed) a dare priorità alla stabilità dei prezzi come componente del suo duplice mandato.

Daniel Siluk

Head of Global Short Duration & Liquidity | Gestore di portafoglio


29 gennaio 2025
5 minuti di lettura

In sintesi

  • Il contesto occupazionale stabile ha fornito alla Fed una buona giustificazione per mettere in pausa il ciclo di tagli dei tassi, mentre i progressi verso il ritorno dell'inflazione all'obiettivo del 2,0% hanno segnato il passo.
  • Nella mente della Fed c'erano anche le potenziali ramificazioni dell'agenda politica dell'amministrazione Trump entrante, che include elementi potenzialmente inflazionistici.
  • Fino a quando non avremo maggiore chiarezza sull'occupazione, i prezzi, le priorità del governo e il modo in cui questi fattori si influenzeranno a vicenda, ci aspettiamo che la volatilità dei tassi rimanga piuttosto elevata.

Che la prima riunione del 2025 dell'Open Market Committee (FOMC) della Federal Reserve (Fed) non avrebbe portato novità eclatanti si sapeva, dato che gli investitori si aspettavano il mantenimento dello status quo sui tassi, ma la dichiarazione di accompagnamento e i commenti del presidente Jerome Powell hanno offerto molto su cui riflettere riguardo alla direzione futura della politica monetaria, in un ambiente in evoluzione sotto il profilo economico e geopolitico.

Interpretiamo la dichiarazione della Fed come una conferma della svolta restrittiva osservata alla riunione di dicembre. A rafforzare questa tendenza è stata la rimozione del riferimento ai "progressi sull'inflazione" che si trovava nella precedente dichiarazione della Fed. Già in sé questo basta per chiederci se la decisione di non abbassare il tasso di riferimento per la prima volta in quattro riunioni sia un rinvio, con la possibilità che i tagli prima o poi riprenderanno, o una pausa, scenario che non esclude l'ipotesi che questo ciclo di allentamento sia arrivato a conclusione. Una pausa non sarebbe comunque da interpretare come un imminente rialzo dei tassi, soprattutto perché il livello attuale può ancora essere considerato restrittivo.

Una preferenza nel duplice mandato

Mentre alcune statistiche di base, come i posti di lavoro disponibili e le dimissioni, hanno segnalato aree di debolezza nel mercato del lavoro, i dati principali sulle buste paga e il tasso di disoccupazione si sono stabilizzati negli ultimi mesi, a un livello ancora basso. Tuttavia, la resilienza economica comporta il rischio che l'inflazione riprenda vela.

I numeri lo confermano: l'indice dei prezzi della spesa per consumi personali (PCE) è salito dal 2,1% al 2,4% e l'indicatore preferito dalla Fed che esclude le componenti volatili di alimentari ed energia è passato dal 2,6% al 2,8% tra giugno e novembre. In questo senso, un mercato del lavoro stabile potrebbe fornire alla Fed una motivazione valida per ribadire la scelta assunta a dicembre di concentrare gli sforzi sull'inflazione.

Un occhio verso Pennsylvania Avenue

Il presidente Powell ha dichiarato che attualmente la Fed è "ben posizionata" per rispondere ai futuri sviluppi economici. In realtà, forse è più corretto dire che si trova nel limbo e, anziché limitarsi a osservare come il mercato del lavoro e i prezzi continuano ad adeguarsi ai tagli per 100 punti base (pb) già effettuati, la banca centrale non può fare altro che considerare le possibili ramificazioni dell'agenda economica del governo Trump. Sebbene Powell abbia avuto tatto nell'affermare che la Fed deve sempre valutare i potenziali cambi di politica con ogni amministrazione entrante, non si può sottovalutare la portata dell'impatto che potrebbe avere sull'economia il programma del presidente Trump – se preso alla lettera. Gli aspetti da tenere sotto stretta osservazione sono i dazi, la politica fiscale, l'immigrazione e la regolamentazione.

Scontare l'incertezza

Mentre i mercati in generale accoglierebbero con favore le componenti pro-crescita della piattaforma economica del nuovo governo, gli aspetti decisamente inflazionistici – con un potenziale stimolo economico limitato – non farebbero altro che iniettare ulteriore volatilità nelle prospettive dei tassi e dei mercati obbligazionari. Va detto che i mercati hanno già reagito, con la correzione dei Treasury verso fine anno innescata dalla possibile vittoria di Trump, nonostante il consensus si aspettasse l'avvio di un ciclo di tagli dei tassi.

Guardando al futuro, pur sottolineando la propria dipendenza dai dati e la separazione dalla politica fiscale, la Fed è ben consapevole (soprattutto dopo l'esplosione della spesa pubblica dell'era pandemica) di non muoversi nel vuoto e della possibilità che le azioni (o le reazioni eccessive) del governo influenzino notevolmente la traiettoria della politica monetaria.

Ci aspettiamo una certa volatilità dei tassi fino a quando non saranno definiti chiaramente i dettagli delle misure che intende adottare il presidente Trump. I mercati guardano lontano e hanno già fatto marcia indietro sul numero di tagli dei tassi previsti per il 2025, che attualmente sono due, da 25 punti base. Riteniamo che il tasso di riferimento al 4,5% sia già restrittivo, dato un PCE core del 2,8%. Il mantenimento dello status quo può essere visto come un voto di fiducia nella capacità degli elementi pro-crescita dell'agenda Trump di estendere il ciclo economico preservando – o aumentando – i tassi di crescita reale, oppure come riflesso della convinzione della Fed che gli aspetti più inflazionistici richiedano una linea ancora restrittiva.

Posizionamento strategico

Data la volatilità prevista e le incertezze che circondano le politiche commerciali e l'agenda economica dell'amministrazione Trump, è probabile che emergano opportunità per gli investitori agili. La chiave sarà monitorare attentamente gli sviluppi, sia in termini di dati economici che di annunci politici, per solcare con perizia le acque potenzialmente agitate del 2025.

Gli investitori dovrebbero prestare particolare attenzione all'annuncio di marzo con cui la Fed fornirà una sintesi aggiornata delle proiezioni economiche, che darà maggiore visibilità sull'agenda economica dell'amministrazione Trump.

La curva dei Treasury statunitensi non risulta più invertita, ma i progressi rallentati sul fronte dell'inflazione e l'incertezza politica ci inducono a ritenere che non sia il momento di aggiungere duration. Riteniamo invece che il segmento a breve termine della curva sia la scelta prudente in cui concentrare i portafogli fino a quando non ci sarà maggiore chiarezza sulla direzione economica e politica.

Un punto base (pb) equivale a 1/100 di punto percentuale.1 pb = 0,01%, 100 pb = 1%.

L'indice core della spesa per consumi personali è una misura dei prezzi che i residenti negli Stati Uniti pagano per beni e servizi, esclusi alimentari ed energia.

La duration è una misura della sensibilità del prezzo di un'obbligazione a variazioni dei tassi d'interesse. Quanto più lunga è la duration di un'obbligazione, tanto maggiore è la sua sensibilità a variazioni dei tassi d'interesse, e viceversa.

Il Federal Open Market Committee (FOMC) è l'organo del Federal Reserve System che stabilisce la politica monetaria nazionale.

Politica fiscale: descrive la politica del governo relativa alla definizione delle aliquote fiscali e dei livelli di spesa. Si distingue dalla politica monetaria, che è tipicamente stabilita da una banca centrale.

Politica monetaria: indica l'insieme delle politiche di una banca centrale, volte a influenzare il livello di inflazione e di crescita di un'economia. Gli strumenti di politica monetaria includono la determinazione dei tassi d'interesse e il controllo dell'offerta di massa monetaria. Una politica accomodante ha l'obiettivo di stimolare la crescita economica attraverso la riduzione dei tassi di interesse e l'espansione dell'offerta di moneta. Una politica aggressiva ha l'obiettivo di contenere l'inflazione e moderare la crescita economica aumentando i tassi di interesse e riducendo l'offerta di moneta.

Il quantitative easing (QE) o allentamento quantitativo è una politica monetaria utilizzata occasionalmente dai governi per aumentare l'offerta di moneta acquistando titoli di Stato o altri titoli sul mercato.

La volatilità misura il rischio utilizzando la dispersione dei rendimenti per un determinato investimento.

Una curva dei rendimenti traccia i rendimenti (tassi d'interesse) di obbligazioni di pari qualità creditizia ma con date di scadenza diverse. Le obbligazioni con scadenze più lunghe offrono generalmente rendimenti più elevati.

Una curva dei rendimenti invertita si verifica quando i rendimenti a breve termine sono più alti di quelli a lungo termine.

Rendimento: il livello di reddito di un titolo in un determinato periodo, in genere espresso come tasso percentuale. Per le obbligazioni, questo valore si calcola dividendo l'importo della cedola per il prezzo corrente dell'obbligazione.

INFORMAZIONI IMPORTANTI

I titoli obbligazionari sono soggetti al rischio di tasso di interesse, di inflazione, di credito e di default.  Il mercato obbligazionario è volatile. Con l'aumento dei tassi di interesse, i prezzi delle obbligazioni di solito diminuiscono, e viceversa.  Il rendimento del capitale non è garantito e i prezzi possono diminuire se un emittente non effettua pagamenti puntuali o se la sua solidità creditizia si indebolisce.

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