Quick View – La decisione della Fed di marzo: i dati effettivi prevalgono sull'incertezza politica
Daniel Siluk, Global Head of Short Duration, spiega che, nonostante il potenziale impatto negativo dei dazi sia sull'inflazione che sulla crescita economica, la Federal Reserve (Fed) non ha potuto fare altro che mantenere sostanzialmente il corso attuale, alla luce dei dati economici stabili.

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In sintesi
- Sebbene il mercato avesse previsto un orientamento più aggressivo, dati i timori per l'impatto inflazionistico dei dazi, la decisione della Fed di marzo è rimasta sostanzialmente invariata, alla luce della stabilità del mercato del lavoro e dei continui progressi sul fronte dell'inflazione.
- L'ombra dell'incertezza politica grava probabilmente sulla revisione al rialzo delle proiezioni sull'inflazione per il 2025 e quella al ribasso per la crescita economica di quest'anno, che riflettono entrambe il peggioramento dei sondaggi sul sentiment.
- Nonostante la perdurante solidità dell'economia statunitense, non si può ignorare il potenziale impatto economico della notevole incertezza politica, che ci spinge a sottolineare l'importanza della priorità data alla diversificazione globale e agli asset di qualità.
Da quando è stato varato il programma economico del presidente Trump, che comprende una dose generosa di dazi, il mercato appare in grave difficoltà, impegnato a decifrare quale minaccia è solo una sparata negoziale e quale invece potrebbe effettivamente tradursi in realtà. In questo contesto, gli investitori sono rimasti in attesa di vedere come valuta la Fed il potenziale impatto economico di tutta una gamma di misure prescrittive, comprese quelle relative al commercio, all'immigrazione, alla politica fiscale e alla regolamentazione.
Al termine della conferenza stampa del presidente Jerome Powell, ci sentiamo di affermare che la Fed, forse in contrasto con un mercato rialzista, mantiene un atteggiamento attendista.
Nonostante il tema ricorrente dell'incertezza nella dichiarazione della Fed e nella conferenza stampa di Powell, a prima vista siamo rimasti relativamente sorpresi dalla mancanza di toni più o meno aggressivi. Dopo tutto la minaccia dei dazi, specialmente se le contromisure dovessero sfociare in una guerra commerciale aperta, rappresenta un rischio di rialzo per i costi alla produzione e i prezzi al consumo. Inoltre, la traiettoria discendente dell'inflazione si è attenuata, soprattutto per quanto riguarda i beni.
L'assenza di aggressività, tuttavia, non equivale a un atteggiamento accomodante, con il sostegno agli asset più rischiosi che ne deriverebbe, nonostante i vari sondaggi sul sentiment in deterioramento. Ma all'indomani della decisione della Fed, è così che i mercati sembrano interpretare l'approccio della banca centrale. Riteniamo invece che la prudenza sia d'obbligo: dati alla mano, la Fed non ha potuto fare altro che attenersi alla traiettoria attesa per i tassi dalla riunione di dicembre. Il motivo, a nostro avviso, affiora dalle sfumature in altre componenti della Sintesi aggiornata delle proiezioni economiche della banca.
Non c'è niente da vedere qui, gente?
Il presidente Powell ha tenuto a precisare che i dati effettivi restano solidi e continueranno a determinare il modo in cui la Fed calibra la politica monetaria.
Il tasso di disoccupazione si è stabilizzato a un livello basso e l'inflazione continua a muoversi verso l'obiettivo della banca centrale. L'impatto del calo di fiducia probabilmente è all'origine della revisione negativa della crescita economica per il 2025 dal 2,1% all'1,7%. Analogamente, il tasso di disoccupazione di quest'anno è stato ritoccato al rialzo dal 4,3% al 4,4%. Il rompicapo con cui la Fed potrebbe trovarsi a fare i conti fa capolino nelle stime per il 2025, che puntano a un'inflazione core in aumento dal 2,5% al 2,8%.
Da un lato, la crescita economica inferiore potrebbe giustificare l'atteggiamento più accomodante cui il mercato si è affrettato ad aggrapparsi, mentre un'inflazione più elevata potrebbe mettere in ansia molti banchieri della Fed convincendoli ad attenersi alla traiettoria prevista di altri due tagli dei tassi nel 2025. È importante notare che la Fed si aspetta ancora che l'inflazione raggiunga l'obiettivo del 2,0% entro il 2027.
Questo scenario ottimistico, a nostro avviso, poggia probabilmente sul presupposto che la guerra commerciale non veda un'escalation e si traduca soltanto in un innalzamento una tantum del livello dei prezzi. La storia indica che la gamma di esiti delle guerre commerciali può essere molto più ampia, con numerose ramificazioni difficili da prevedere. Il rispolvero dell'ormai famigerato aggettivo transitorio per descrivere il potenziale impatto dei dazi sull'inflazione dovrebbe preoccupare gli investitori.
Implicazioni per i mercati
Per loro natura, i cambiamenti politici sono destinati ad avere conseguenze economiche reali. La ridefinizione di regimi normativi e relazioni commerciali consolidate avrà necessariamente un'influenza notevole sul modo in cui il settore societario alloca il capitale. Fino a quando non si chiarirà meglio quali proposte verranno effettivamente portate avanti e potremo valutarne le conseguenze desiderate – e indesiderate–, ci aspettiamo che i vertici societari saranno restii a prendere decisioni importanti sull'impiego del capitale. Questo in sé dimostra l'effetto frenante dell'incertezza sulla crescita economica.
Analogamente, ci si aspetterebbe un comportamento razionale dei mercati finanziari in periodi di politiche incerte come questo - qualcosa che potrebbe ritorcersi contro il riflesso iniziale di propensione al rischio degli investitori. Le aspettative di crescita inferiori potrebbero annunciare tassi più bassi, ma con un'economia notoriamente considerata da tempo in fase di ciclo maturo, qualsiasi revisione negativa della crescita rischia di tradursi in una contrazione. Non è questo l'impulso alla riduzione dei tassi auspicato dagli investitori, o dal presidente Trump.
Anche se il mercato e la Fed sono relativamente allineati sulla traiettoria attesa del tasso sui fondi federali (con quella scontata dal mercato leggermente più accomodante), le aspettative divergenti su inflazione e crescita creano una situazione potenzialmente volatile. A nostro avviso, questo non è il momento per modificare drasticamente il posizionamento sulla duration, anche se l'attenzione del mercato e della Fed si sta spostando in termini di priorità dall'inflazione al sostegno di un'economia potenzialmente in affanno.
Tuttavia, considerando la possibilità di una risoluzione praticabile di questa impasse commerciale e i dati economici contestualmente stabili, sarebbe un errore ridurre notevolmente l'esposizione al rischio dei portafogli. Piuttosto, le traiettorie economiche divergenti, i bilanci robusti delle aziende mondiali e i segnali di vita in Europa sono tutti elementi che rinforzano la tesi a favore di portafogli azionari e obbligazionari diversificati su scala globale, composti da titoli di alta qualità.
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