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Quick view: La Fed prende atto di una verità scomoda

Jim Cielinski, Global Head of Fixed Income, e Daniel Siluk, Head of Global Short Duration, ritengono che per la Federal Reserve (Fed), costretta ora a tenere conto delle ramificazioni delle politiche economiche proposte da Donald Trump, la gestione del cambiamento dei regimi dei tassi sia diventata più complicata.

Jim Cielinski, CFA

Jim Cielinski, CFA

Global Head of Fixed Income


Daniel Siluk

Daniel Siluk

Head of Global Short Duration & Liquidity | Gestore di portafoglio


8 novembre 2024
7 minuti di lettura

In sintesi

  • Con un taglio dei tassi di 25 punti base a novembre e un altro previsto per dicembre, la Fed ha implicitamente assunto una posizione più cauta nel dare "per spacciata" l'inflazione.
  • La Fed si stava forse già interrogando sul livello appropriato di tasso di interesse neutrale a lungo termine, ma questo compito è probabilmente diventato più complicato alla luce di un potenziale cambiamento nella politica economica degli Stati Uniti.
  • La divergenza fra prospettive economiche e livelli dei tassi d'interesse impongono agli investitori obbligazionari di adottare un approccio globale alla gestione del rischio e di cogliere le opportunità di extrarendimento.

È impossibile contestualizzare la decisione della Federal Reserve (Fed) di questa settimana senza riconoscere i risultati del voto negli Stati Uniti. La politica monetaria e i tassi d'interesse erano già a un punto di svolta, quando i funzionari della Fed si sono allontanati da una posizione restrittiva e, insieme ai partecipanti al mercato, hanno cercato di immaginare un nuovo regime dei tassi. Come discuteremo più avanti, è su questo fronte che le ramificazioni di una seconda amministrazione Trump probabilmente saranno più evidenti.

Una retromarcia molto graduale

Il mercato aveva correttamente anticipato la riduzione di 25 punti base (pb) del tasso sui fondi federali di questa settimana e riteniamo che anche i pronostici di un altro taglio di 25 pb a dicembre troveranno conferma. Questo ritmo è in linea con la traiettoria espressa dall'indagine interna della Fed di settembre e leggermente superiore a quanto i mercati si aspettavano allora. A indurre la Fed a rivedere il percorso pianificato in precedenza sono la forza economica persistente e la resilienza del mercato del lavoro, tenendo conto anche del rumore associato agli uragani recenti e a uno sciopero dei lavoratori.

L'inflazione in declino, unita alle aspettative che questa tendenza continuerà, ha dato alla Fed un margine di manovra per tagliare i tassi di 50 punti base a settembre, in risposta a un mercato del lavoro che mostrava segnali di raffreddamento. Per contro, è mancato in parte il tono accomodante della dichiarazione della Fed di settembre, sostituito da espressioni più caute riferite all'inflazione, che "ha fatto progressi" e risulta "per certi versi elevata". Nella nostra interpretazione, queste parole sono un richiamo non solo alla gradita estensione del ciclo economico, ma anche alla maggiore incertezza per il 2025 riguardo alle priorità della prossima amministrazione Trump.

Una domanda rimasta per lo più inespressa, ma che gli investitori non possono ignorare, riguarda l'influenza che un cambiamento a livello di politica commerciale, regolamentazione e gestione dei deficit fiscali eserciterà sulla crescita economica, le aspettative di inflazione e, in ultima analisi, il giusto tasso neutrale di politica monetaria.

La crescita porta inflazione?

Con il taglio di 25 punti base, la Fed ha segnalato che, per il momento, i tassi di riferimento rimangono restrittivi e la banca potrà effettuare altre riduzioni per sostenere l'economia di ciclo maturo. I dati lo confermano: un limite superiore dell'intervallo al 4,75% per il tasso sui Fed fund rimane ben al di sopra dell'inflazione core al 2,7%, misurata dall'indicatore preferito dalla Fed.

Supponendo che il rapporto sull'occupazione di novembre terrà conto delle dislocazioni causate dagli uragani, la costante creazione di nuovi posti di lavoro ha fornito alla Fed la giustificazione per essere ancora più cauta nel ridurre i tassi fino a quando non otterrà maggiore chiarezza su come l'economia potrebbe rispondere all'agenda di Trump.

Il mercato ha già calibrato le aspettative, con le proiezioni implicite sull'inflazione a 10 anni incorporate nei mercati dei Treasury che, in seguito alle elezioni, sono salite al 2,45%, quindi ben al di sopra del minimo di settembre (2,03%). Allo stesso modo, i mercati dei futures hanno ritirato quasi 100 punti base di tagli entro la metà del 2025 rispetto alle attese formulate solo due mesi fa, uno sviluppo che suggerisce che l'inflazione non è ancora definitivamente domata.

Figura 1: Inflazione negli Stati Uniti

Mentre l'inflazione è progredita verso l'obiettivo della Fed pari al 2,0%, la media implicita dell'inflazione a 10 anni misurata dai TIPS (Treasury Inflation Protected Securities) è leggermente aumentata in quanto il mercato si è posizionato per un "Trump trade" pro-crescita.

Fonte: Bloomberg, al 7 novembre 2024.

Linee politiche non sfumate

La retorica di Trump durante il primo mandato e nel corso della campagna elettorale ha creato un certo fermento intorno all'indipendenza intoccabile della Fed. Siamo convinti che esistano protezioni in grado di garantire che la Fed possa perseguire gli obiettivi definiti nel suo mandato, senza essere ostacolata dalle priorità dell'amministrazione. Tuttavia, Trump potrebbe lasciare un'impronta sulla banca centrale attraverso la nomina e la conferma di chi ne fa parte. È prevedibile che le pressioni su questo fronte continuino, ma come già accaduto nel suo primo mandato, saranno per lo più azioni teatrali, a nostro avviso.

Per gli investitori a contare di più è la politica economica, in particolare l'approccio dell'amministrazione al commercio, alla politica industriale e alla spesa in deficit. I primi due elementi hanno implicazioni per la stabilità dei prezzi nella misura in cui potrebbero ostacolare la libera circolazione delle merci e la determinazione dei prezzi. Resta da vedere fino a che punto parlare di dazi generalizzati sia solo una tattica negoziale.

Per quanto riguarda i deficit, il governo degli Stati Uniti ha una meritata reputazione di essere indisciplinato sotto il profilo fiscale. Tuttavia, l'aumento della produttività potrebbe determinare una crescita economica sufficiente a rimettere in carreggiata i deficit che al momento rischiano di essere insostenibili. E finché la crescita economica rimane superiore al costo del capitale, il mercato potrebbe dimostrarsi sorprendentemente tollerante nei confronti di deficit persistenti. Tuttavia, esiste un livello che può diventare una linea rossa per gli investitori e, una volta superato, innescherebbe una feroce reazione del mercato difficilmente controllabile.

Implicazioni per gli investimenti: la curva dei rendimenti

Per interpretare gli sviluppi politici e di policy di questa settimana servono diversi prismi. Il primo è a breve termine ed è orientato da dati contemporanei. Il cosiddetto "Trump trade" ha già provocato rendimenti obbligazionari più elevati su tutta la curva. Le scadenze più brevi, più strettamente legate ai tassi di riferimento, potrebbero rimanere all'interno del nuovo intervallo, leggermente più elevato, mentre la Fed tiene d'occhio l'inflazione. Poiché il segmento a più lungo termine della curva è influenzato soprattutto dalle aspettative economiche e di inflazione, ci aspettiamo una volatilità persistente con gli investitori in attesa di indicazioni più precise sui programmi del nuovo governo. Anche questa parte della curva probabilmente si è assestata in un intervallo più alto.

Figura 2: Curva dei Treasury statunitensi

Non solo l'inversione della curva dei rendimenti dei Treasury USA è cessata, ma i rendimenti su tutte le scadenze si sono resettati in un intervallo più alto, poiché il mercato sconta un nuovo regime di tassi e un rischio legato all'inflazione maggiore sulle scadenze più lunghe.

Fonte: Bloomberg, al 7 novembre 2024.

Solo a settembre il rendimento dei Treasury a 10 anni era salito sopra quello dei titoli a 2 anni. Tuttavia, a circa 12 punti base, lo spread tra queste due scadenze è una frazione della rispettiva media a lungo termine di circa 100 punti base. Data la mancanza di premio alla scadenza, unita all'incertezza economica e politica, l'attrattiva di questo rendimento incrementale appare discutibile, in vista di un mercato che ci aspettiamo ancora volatile.

Implicazioni per gli investimenti: serie di opportunità globali

Un nuovo regime economico negli Stati Uniti non nascerebbe nel vuoto. Con le banche centrali europee che si stanno già orientando a effettuare tagli dei tassi per sostenere le economie in crisi, una politica statunitense più favorevole alla crescita non farebbe che esacerbare questo differenziale. Il conseguente aumento dei tassi negli Stati Uniti, dovuto ai livelli più elevati di crescita economica reale e di inflazione, rappresenterebbe un freno per le valute dei mercati avanzati come di quelli emergenti, man mano che i flussi di investimento si spostano verso gli USA. Le opportunità e i rischi presentati da questa divergenza rafforzano la necessità di un approccio globale nell'allocazione del capitale sui mercati obbligazionari nel medio termine.

Un piano economico che dia priorità alla crescita dovrebbe essere un vantaggio per gli asset più rischiosi. Sebbene le azioni possano essere i principali beneficiari, ci saranno vincitori anche nel mercato obbligazionario. I mutuatari high yield dovrebbero sentirsi meno obbligati a ridurre la leva finanziaria man mano che la loro capacità di generare entrate migliora. Siamo leggermente più neutrali sulle emissioni investment grade, date le valutazioni attuali e la maggiore sensibilità alla volatilità dei tassi d'interesse.

Il credito cartolarizzato è ben posizionato per sovraperformare in quanto il vigore dell'economia potrebbe aumentare il valore degli asset sottostanti. E poiché l'agenda politica e la crescita divergono tra i vari paesi, gli investitori possono scovare opportunità nelle regioni in cui i tassi sono in calo e le valutazioni del credito sembrano più interessanti.

Imparare la lezione

In conclusione, riteniamo che il percorso della politica monetaria statunitense sarà dipendente dai dati e indipendente dall'azione politica (di governo). Questo però implica che alla fine sarà la linea politica a indicare quella monetaria. Il presidente Jay Powell e qualsiasi eventuale successore dovranno valutare quando e come le condizioni correnti saranno influenzate dalle priorità dell'amministrazione. Se dovessero essere promosse sostenute iniziative di ampio respiro a favore della crescita e potenzialmente inflazionistiche (sotto forma di dazi punitivi), è probabile che la Fed diventi più propensa ad accettare un tasso terminale più elevato per questo ciclo, con l'obiettivo di evitare l'errore di calcolo commesso dopo la pandemia.

Il rendimento del Treasury USA a 10 anni è il tasso d'interesse delle obbligazioni del Treasury degli Stati Uniti che matureranno a 10 anni dalla data di acquisto.

Il punto base (pb) equivale a 1/100 di punto percentuale. 1 pb = 0,01%, 100 pb = 1%.

L'inflazione core è una misura dell'inflazione che esclude le componenti volatili dei prezzi come i generi alimentari e l'energia.

Alto rendimento o high yield: un'obbligazione con un rating creditizio inferiore a investment grade, nota anche come obbligazione sub-investment grade o obbligazione "spazzatura". Questi titoli di solito comportano un rischio più elevato di default dell'emittente sui pagamenti, pertanto in genere sono emessi con un tasso d'interesse (cedola) più elevato per compensare il rischio aggiuntivo.

Investment grade: un'obbligazione tipicamente emessa da governi o società che si ritiene abbiano un rischio relativamente basso di inadempienza nei pagamenti, che si riflette nel rating più elevato assegnato dalle agenzie di rating del credito.

Ciclo maturo: una fase del ciclo economico in cui la crescita rallenta man mano che l'economia raggiunge il pieno potenziale, i salari iniziano a salire e l'inflazione comincia ad accelerare, determinando una riduzione della domanda, un calo degli utili societari e infine una recessione.

Politica monetaria: indica l'insieme delle politiche di una banca centrale, volte a influenzare il livello di inflazione e di crescita di un'economia. Gli strumenti di politica monetaria includono la determinazione dei tassi d'interesse e il controllo dell'offerta di massa monetaria.d Per politica di stimolo o accomodante si intende la situazione in cui una banca centrale aumenta l'offerta di moneta e riduce i costi di finanziamento.

Tasso neutrale/tasso terminalegli economisti definiscono il tasso neutrale come il tasso d'interesse terminale a cui i prezzi sono stabili e si raggiunge la piena occupazione. In altre parole, è un tasso d'interesse naturale che non è né accomodante né restrittivo e, come tale, è considerato un tasso di equilibrio.

Asset rischiosi: titoli finanziari che possono subire variazioni di prezzo significative (e quindi implicano un grado di rischio maggiore). Tra gli esempi vi sono le azioni, le materie prime, le obbligazioni di qualità inferiore e alcune valute.

Titoli del Tesoro/Treasury statunitensi: titoli obbligazionari emessi dal governo degli Stati Uniti. Acquistando titoli di Stato, l'investitore diventa un creditore del governo. I buoni del tesoro e i titoli di Stato statunitensi sono garantiti dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Sono generalmente considerati privi di rischio di credito e di norma hanno rendimenti inferiori rispetto ad altri titoli.

Curva dei rendimenti: Un grafico che illustra i rendimenti di obbligazioni di qualità analoga in relazione alle rispettive scadenze, comunemente utilizzato come indicatore delle aspettative degli investitori circa la direzione dell'economia di un Paese.

Informazioni importanti

I titoli obbligazionari sono soggetti al rischio di tasso d'interesse, inflazione, credito e default. Quando i tassi d'interesse aumentano, i prezzi delle obbligazioni di solito scendono e viceversa. Le obbligazioni high yield, o obbligazioni "spazzatura", comportano un rischio più elevato di default e volatilità dei prezzi. I titoli esteri (non USA), compreso il debito sovrano, sono soggetti a oscillazioni valutarie, incertezza politica ed economica, maggiore volatilità e minore liquidità, tutti fattori amplificati nei mercati emergenti.

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